Grani Antichi: al Tavolo della Tradizione, per un Futuro di Biodiversità

Nel mio panificio di famiglia, ogni impasto è una carezza al passato e un gesto di rispetto verso il futuro. I grani antichi non sono solo farine: sono memoria viva che ritorna, profumata di terra, di lentezza, di tempo vero.

Tutto è cominciato da un gesto semplice: impastare. Ma non con farine moderne, iper-raffinate, addomesticate dalla resa industriale. Bensì con varietà dimenticate dal mercato, ma mai dalla terra: varietà di grani teneri antichi, o grani duri come il Senatore Cappelli, l’orzo antico, il farro, il kamut. A ogni pane che sforniamo, sembra di riannodare un filo lungo secoli: quello tra le mani dell’uomo e il cuore del cereale.

Nel nostro forno, attivo fin dai primi del ‘900, la panificazione con grani antichi è ritornata una scelta quotidiana e un atto rivoluzionario. Non è solo una questione di sapore — profondo, aromatico, persistente — ma di etica agraria e nutrizione consapevole. Questi cereali crescono senza forzature, si adattano ai climi, rispettano i suoli. Sono naturalmente ricchi di micronutrienti, più digeribili, meno infiammatori, grazie all’assenza di selezioni genetiche spinte e alla maggiore quantità di fibre e minerali.

Piccola curiosità: lo sapevi che la coltivazione delle varietà antiche, non prevede l'utilizzo di concimi e diserbanti? la loro struttura di coltivazione è di base molto più forte ed essendo la loro resa in campo meno produttiva, ha però di positivo che riescono a bilanciare le loro difese in campo "automaticamente", inibendo crescite di erbe indesiderate e quindi di attacchi di insetti indesiderati!

Ogni giorno, nella nostra bottega, la pasta madre viva incontra queste farine antiche e si attiva con forza gentile. Lievitazioni lente, lunghe, che rispettano i tempi del pane e dei batteri benefici. Il risultato? Impasti più vivi, più stabili, più nutrienti. E un pane che sa di memoria, ma parla al presente.

La coltivazione dei grani antichi segue principi etici , spesso a basso impatto e senza pesticidi, contribuendo a mantenere vivi piccoli appezzamenti e varietà locali. È una scelta agricola, certo, ma anche culturale: perché ogni chicco porta con sé una storia, un paesaggio, una comunità.

Questa biodiversità, oggi più che mai, è il cuore pulsante di un’agricoltura sana. In un’epoca di omologazione, riportare i grani antichi sulle tavole è un gesto radicale: significa credere che il futuro si costruisce proteggendo il passato, seminando differenze, coltivando diversità.

Per me, che sono cresciuto tra sacchi di farina e profumo di crosta di pane, lavorare con questi grani significa onorare la terra e chi la coltiva, dare spazio a filiere corte e oneste, e offrire un pane che nutre davvero. Non solo il corpo, ma anche la coscienza.

Qui nel mio blog e nel mio panificio, oggi continua la sua storia proprio da lì: dai grani antichi come scelta di futuro. Perché ogni filone sfornato è un piccolo atto d’amore verso la biodiversità, l’ambiente e la salute di chi ci sceglie.

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Matteo

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