C’è chi la guarda e vede polvere...
Chi la tocca e sente sabbia....
E poi c’è chi, come noi, nel gesto di setacciare una farina sente la storia dell’agricoltura, del lavoro e della tradizione.
Ma dietro ogni farina c’è anche una classificazione ben precisa. Una legge. Una norma. Un linguaggio tecnico che parla di W, di abburattamento, di resistenza e raffinazione.
🔍 Farine classificate per “tipo”: l’abburattamento.
L’abburattamento è il primo modo che abbiamo per riconoscere una farina: indica quanto del chicco originale è presente nella farina finale.
🍞 Ecco le principali tipologie previste dalla normativa italiana:
00 – La più setacciata, bianchissima, quasi assente di sali minerali e povera di crusca e germe.
0 – Ancora abbastanza raffinata, ma con una piccola parte del chicco.
1 – Più rustica, con una parte fibrosa e una maggiore quantità di sali minerali.
2 – Semintegrale, vicina al chicco intero, più ricca di fibre e sapore.
Integrale – Il chicco intero, con tutta la sua anima.
Più la farina è integrale, più nutre. Ma ogni tipologia ha il suo uso, il suo carattere, la sua vocazione in cucina.
La forza della farina: cos’è il W?
Quando parliamo di forza della farina, stiamo parlando della sua capacità di formazione della rete proteica a contatto con l'acqua, ossia del glutine, e si misura a livello tecnologico con la capacità di trattenere i gas della lievitazione.
La forza si misura con la lettera W, ed è un valore fondamentale per capire se una farina è adatta per un pane con lunga lievitazione, o per un dolce soffice, o ancora per una pasta fresca veloce.
🔥 Una piccola guida:
W 90–170 – Farine deboli: ideali per biscotti, grissini, pastelle.
W 180–260 – Farine medie: perfette per pane casalingo, pizze a media lievitazione.
W 280–350 – Farine forti: ideali per grandi lievitati, panettoni, babà, croissant.
W > 350 – Farine speciali e forse troppo forti. Sempre di importazione fuori Italia, venivano utilizzate in passato per miscelare alle farine italiane che erano sempre di scarsa qualità proteica. Ora non è più cosi!.
Un bravo panificatore non sceglie la farina in base al nome. La sceglie in base all’obiettivo e al tempo di fermentazione.
💛 Il mestiere si misura in scelte consapevoli
Capire la farina significa non improvvisare, ma rispettare il tempo, il processo, il prodotto.
Significa sapere quando aspettare e quando impastare. Quando usare una farina più forte, quando una più grezza.
Significa custodire un mestiere antico che parla con un linguaggio moderno: quello della conoscenza.
Il futuro del pane passa da qui: dalla capacità di tramandare sapere e sensibilità. Non solo ricette, ma sguardi e mani che capiscono al volo di cosa ha bisogno un impasto.
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